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Fermo amministrativo, il danno va sempre provato

 

(Pubblicato sul sito ilVibonese.it il 26.11.2015)

Interessante pronuncia della Cassazione avvenuta con la sentenza 23502/15 della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte. Il principio di diritto che emerge è che il risarcimento del danno da cosiddetta “lite temeraria” può essere riconosciuto in favore del cittadino interessato dal fermo illegittimo solo se è dimostrato il pregiudizio di cui si è chiesto il ristoro. Peraltro l'accoglimento della domanda ex art. 96 c.p.c. presuppone l'accertamento del fatto che l’esattore ha resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

La pronuncia degli Ermellini riguarda un giudizio inerente un provvedimento di fermo amministrativo del veicolo connesso a sanzioni per violazioni al Codice della Strada. Il provvedimento è stato adottato da Equitalia dopo l’invio di alcune cartelle esattoriali che la debitrice ha negato di aver ricevuto. Confermato ciò in giudizio il Giudice di Pace adito ha ordinato al concessionario di provvedere alla cancellazione del fermo.

Da qui è conseguita la decisione di Equitalia di proporre ricorso per cassazione; ma l’iniziativa non ha avuto successo. L’odierna pronuncia trae fondamento dalla sentenza n. 15354/2015, resa dalla Cassazione a Sezioni Unite, la quale ha definitivamente chiarito che il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura di misura puramente afflittiva avente natura cautelare e non è annoverabile tra gli atti di espropriazione forzata, in quanto è volta a spingere il debitore all’adempimento, sicché la sua impugnativa, sostanziandosi in un’azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore.

Nel caso di specie, dunque, Equitalia, come giustamente osservato dalla controricorrente, avrebbe dovuto esperire il rimedio dell’appello e non quello del ricorso per cassazione. Nulla da fare, invece, per il chiesto risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.

La domanda è stata avanzata dalla debitrice nel giudizio di legittimità - e questo è ben possibile “per i danni che si assumono derivanti dal giudizio di cassazione” - tuttavia la controricorrente “non ha fornito dimostrazione alcuna innanzitutto in ordine all'an del pregiudizio che ha assunto di aver sofferto e di cui ha invocato il ristoro. Va precisato che l'accoglimento della domanda ex art. 96, c.p.c. presuppone l'accertamento sia dell'elemento soggettivo dell'illecito - mala fede o colpa grave - sia dell'elemento oggettivo - danno sofferto; ne consegue che, ove dagli atti del processo non risultino elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi”.

Una pronuncia della Cassazione sancisce che il risarcimento del danno da cosiddetta “lite temeraria” può essere riconosciuto in favore dell’interessato solo se dimostrato il pregiudizio.

Interessante pronuncia della Cassazione avvenuta con la sentenza 23502/15 della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte. Il principio di diritto che emerge è che il risarcimento del danno da cosiddetta “lite temeraria” può essere riconosciuto in favore del cittadino interessato dal fermo illegittimo solo se è dimostrato il pregiudizio di cui si è chiesto il ristoro. Peraltro l'accoglimento della domanda ex art. 96 c.p.c. presuppone l'accertamento del fatto che l’esattore ha resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

La pronuncia degli Ermellini riguarda un giudizio inerente un provvedimento di fermo amministrativo del veicolo connesso a sanzioni per violazioni al Codice della Strada. Il provvedimento è stato adottato da Equitalia dopo l’invio di alcune cartelle esattoriali che la debitrice ha negato di aver ricevuto. Confermato ciò in giudizio il Giudice di Pace adito ha ordinato al concessionario di provvedere alla cancellazione del fermo.

Da qui è conseguita la decisione di Equitalia di proporre ricorso per cassazione; ma l’iniziativa non ha avuto successo. L’odierna pronuncia trae fondamento dalla sentenza n. 15354/2015, resa dalla Cassazione a Sezioni Unite, la quale ha definitivamente chiarito che il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura di misura puramente afflittiva avente natura cautelare e non è annoverabile tra gli atti di espropriazione forzata, in quanto è volta a spingere il debitore all’adempimento, sicché la sua impugnativa, sostanziandosi in un’azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore.

Nel caso di specie, dunque, Equitalia, come giustamente osservato dalla controricorrente, avrebbe dovuto esperire il rimedio dell’appello e non quello del ricorso per cassazione. Nulla da fare, invece, per il chiesto risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.

La domanda è stata avanzata dalla debitrice nel giudizio di legittimità - e questo è ben possibile “per i danni che si assumono derivanti dal giudizio di cassazione” - tuttavia la controricorrente “non ha fornito dimostrazione alcuna innanzitutto in ordine all'an del pregiudizio che ha assunto di aver sofferto e di cui ha invocato il ristoro. Va precisato che l'accoglimento della domanda ex art. 96, c.p.c. presuppone l'accertamento sia dell'elemento soggettivo dell'illecito - mala fede o colpa grave - sia dell'elemento oggettivo - danno sofferto; ne consegue che, ove dagli atti del processo non risultino elementi obiettivi dai quali desumere la concreta esistenza del danno, nulla può essere liquidato a tale titolo, neppure ricorrendo a criteri equitativi”.

Avv. Iconio Massara - Specialista in Diritto Tributario

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