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Alterare la scheda carburante portata in contabilità è reato

(Pubblicato sul n. 10 del 13-09-2014 )

Nel tentativo di cercare una stretta sui contribuenti ritenuti “evasori”, negli ultimi anni il legislatore ha introdotto una serie di reati, definiti, appunto, “reati tributari”, con l’introduzione dei quali sta tentando di dissuadere i contribuenti dalla facile tentazione  di pagare meno tasse, o di non pagarle proprio.

Le fattispecie di reati tributari sono innumerevoli, e per la maggior parte sono relative a scaglioni di soglie di evasione fiscale, al di sopra dei quali scatta automaticamente la trasmissione della notizia di reato alla Procura della Repubblica, ad opera dell’Agenzia delle Entrate.

Vi sono però una serie di fattispecie di reato che sono molto più semplici da realizzare, e come tali molto più pericolose per i contribuenti, che spesso non immaginano neppure che un comportamento, anche relativo a situazioni contabili di modesto valore, può determinare responsabilità penali.

Un esempio di tale situazione è dato dalla fattispecie delittuosa prevista dall’articolo 3 del Dlgs 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) prescinde dall’uso di false fatturazioni o documentazione equipollente, che si verifica, però, anche dalla semplice alterazione delle schede carburante portate in contabilità, ai fini delle deduzioni e detrazioni come costi.
Un’interessante recente pronuncia è venuta sul punto dalla terza sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 18698 del 6 maggio 2014, che ha rigettato il ricorso dell’imputato, condannandolo.
 In sostanza, al ricorrente di quel giudizio – nella sua qualità di legale rappresentante di una società esercente attività di servizi di pulizia – si contesta di avere indicato nella dichiarazione annuale dei redditi, per gli anni d’imposta 2004-2006, elementi passivi fittizi, avvalendosi di schede carburante per rifornimenti che la Corte ha ritenuto come mai effettuati.
Per i giudici di legittimità, il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.
Nello specifico, la Cassazione prende atto che – dai riscontri incrociati eseguiti dalla Guardia di finanza sulle schede carburante relative al rifornimento eseguito presso un distributore e su quelle dei mezzi in riparazione – era emerso che gran parte dei prelievi indicati nelle schede era avvenuta durante i giorni di chiusura dell’impianto di distribuzione (con pagamento in contante di importo rilevante) e che, in alcuni giorni indicati sulle schede per il rifornimento di specifici automezzi, gli stessi si trovavano, in realtà, in riparazione presso officine e, pertanto, non potevano avere effettuato rifornimenti di carburante e/o circolato nei giorni predetti.
Per la Corte, quindi, la decisione impugnata si fonda su dati documentali talmente certi che non possono essere smentiti dal teorema della vendetta (perpetrata dal gestore dell’impianto di distribuzione nei suoi confronti) formulato dal ricorrente a sua difesa, ma non suffragato da alcuna prova, all’interno dell’intero processo nei tre gradi di giudizio celebrati.
In particolare, la condotta punita dall’articolo 3, oltre a essere configurabile solo al superamento di una soglia minima dell’imposta evasa o degli elementi attivi sottratti all’imposta, è ipotizzabile solo nei confronti di determinate categorie di contribuenti.
Infatti, tale condotta ha, quali elementi costitutivi, una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e il fatto di avvalersi di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l’accertamento, sicché è evidente che trattasi di fattispecie che prescinde dall’uso di false fatturazioni o documentazione equipollente. Tanto premesso, La Corte, applicando tali principi al caso concreto – nella considerazione che le schede carburante sono equiparate alle fatture, come si evince dall’articolo 1, lettera a), del Dlgs 74/2000 e dagli obblighi di annotazione e conservazione previsti, per le stesse schede, dagli articoli 25 e 39 del Dpr 633/1972 – la Corte suprema ritiene consumato il reato contestato al ricorrente, e lo condanna in quanto ritiene provato che abbia utilizzato schede carburante false, recanti operazioni inesistenti o comunque aumentate, al fine di evadere le imposte sui redditi e l’Iva (sentenza 912/2012).

Quindi, occhio alla compilazione delle schede carburante ed in senso lato alla documentazione inerente i costi, perché se non appare giustificabile o si ritiene alterata può portare a conseguenze ben più gravi delle detrazioni e/o deduzioni che si possono ottenere attraverso la registrazione in contabilità.

Avv. Iconio Massara - Specialista in Diritto tributario

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