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Cos’è la Voluntary Disclosure e quali le differenze con lo scudo fiscale

 

(Pubblicato sul n. 25 del 20.06.2015)

Con la legge 186/2014 - approvata giovedì 4 dicembre, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 dicembre e che è entrata in vigore il 1° gennaio 2015 - l’Italia si dota di un nuovo strumento di lotta all’evasione fiscale, la così detta Voluntary Disclusure.

E’ questo uno dei temi fiscali più delicati del momento, ed è un argomento di estrema delicatezza, ma la confusione a riguardo è enorme, tra le cicliche polemiche che emergono quotidianamente sui giornali e il rebus riguardante i pro e contro della disciplina e soprattutto l’analisi dei destinatari a cui conviene farvi ricorso.

E’ stata fortemente caldeggiato dall’OCSE, e rappresenta probabilmente l’ultima occasione, per il contribuente che abbia trasferito all’estero i propri capitali senza dichiararli alle autorità fiscali, di regolarizzare la propria posizione. 

Uno degli elementi che potranno spingere i contribuenti a regolarizzare la loro posizione nei confronti del fisco, sarà il rischio percepito di essere scoperti. Su questo punto bisogna ricordare l’importante introduzione del reato di autoriciclaggio e il trattato bilaterale per lo scambio di informazioni bancarie tra Italia e Svizzera che è entrato in vigore da qualche mese.

La “Voluntary” è infatti un istituto attraverso il quale chi detiene illecitamente capitali all’estero può provvedere a regolarizzare la propria posizione “autodenunciandosi”, ossia denunciando spontaneamente al fisco del proprio Stato di appartenenza le violazioni commesse in materia di “monitoraggio” fiscale. 

Coloro che hanno ereditato denaro, titoli o immobili all'estero e non li hanno dichiarati all'amministrazione fiscale italiana sono tra i primi possibili destinatari.
Accanto a loro vi sono poi quei contribuenti che in anni più o meno lontani hanno trasferito all’estero delle somme di denaro senza però averle dichiarate nell’apposito quadro RW della dichiarazione dei redditi.

Il nuovo istituto permette agli italiani che hanno interessi, attività finanziarie e patrimoni all'estero, e che sono sconosciuti all' Agenzia delle Entrate, di fare pace con il fisco e di regolarizzare la loro posizione, anche sul piano penale, pagando le imposte scontata, ed ottenendo uno sconto in alcuni casi.

Il soggetto che intenderà aderire, non verrà punito per i reati fiscali commessi, per l’autoriciclaggio e per il riciclaggio connesso ai reati fiscali commessi; il procedimento non è anonimo; quanto dovuto lo si potrà pagare in unica soluzione o in tre rate mensili. 

E’ una procedura disponibile per tutti coloro che non hanno avuto accertamenti avviati contro di loro per quanto riguarda le attività e patrimonio detenuti all'estero, e viene applicata a tutti gli interessi detenuti all’estero dal contribuente relativi a tutti i periodi di imposta per i quali non siano scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione previsti dalla legge.

 La Voluntary Disclosure ha il compito di sanare le violazioni agli obblighi di dichiarazione annuale dei capitali detenuti all'estero compiute fino al 30 settembre 2014. Per aderire bisognerà versare le imposte non pagate (e gli interessi) in maniera integrale, mentre per quanto riguarda le sanzioni, si può godere di riduzioni e sconti, in alcuni casi considerevoli. 

 Inoltre viene messa a disposizione una Voluntary Disclosure domestica per permettere a tutti i contribuenti, incluse le società, di regolarizzare le violazioni degli obblighi di dichiarazione commesse fino al 30 settembre 2014, pagando tutte le imposte non pagate.

 In ogni caso, il contribuente dovrà versare le somme richieste entro un termine variabile a seconda del tipo di atto notificato, ma che sarà tra i 15 e i 60 giorni. Non si potrà compensare quanto dovuto con crediti fiscali.

Sancito quanto sopra, le differenze con lo scudo sono notevoli: innanzitutto, la voluntary disclosure non prevede l’anonimato (nello scudo fiscale invece l’Agenzia delle Entrate non poteva disporre di dati puntuali di coloro che avevano fruito dello strumento), e – contrariamente allo scudo – è previsto il pagamento delle imposte evase e di altre sanzioni (contrariamente al solo pagamento di sanzioni una tantum).

Ancora, nello scudo si applicavano solamente gli obblighi antiriciclaggio esclusi quelli di segnalazione delle operazioni sospette mentre, nella voluntary disclosure, si applicano tutti gli obblighi antiriciclaggio, nessuno escluso.

Infine, nello scudo le attività detenute all’estero potevano rimanere al di fuori dei confini italiani tramite una fiduciaria che fungeva da sostituto di imposta.

Complessivamente, e fatte salve le valutazioni più specifiche, la voluntary disclosure conviene a tutte quelle persone che hanno ereditato delle attività all’estero e non le hanno dichiarate, e a coloro che hanno trasferito all’estero delle somme di denaro senza attestarle nella dichiarazione dei redditi. Il rischio è infatti che – senza un’autodenuncia volontaria da parte del contribuente – il soggetto detentore di attività non dichiarate all’estero possa finire nell’occhio degli ispettori, con ciò che ne consegue in termini di pagamento di sanzioni e imposte evase.

Rispetto al condono la voluntary disclosure è sicuramente meno “generosa”, ma è pur sempre una utile scappatoia per regolarizzare le situazioni non idonee con il Fisco e chiudere, pertanto, la porta a possibili accertamenti ben più sgraditi.

Sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate sono già disponibili le bozze del provvedimento, da consultare e, eventualmente, riscontrare alla stessa Agenzia.

Avv. Iconio Massara - Specialista in Diritto Tributario

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