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EQUITALIA: CARTELLA NULLA SE GLI INTERESSI NON SONO CHIARI

 

(Pubblicato sul n. 09 del 28.02.2015)

Il problema della lettura di una cartella esattoriale e della comprensione molto difficile che di essa si possa effettuare, è un tema assai dibattuto.

Seppur Equitalia emette le cartelle sulla base di un prestampato approvato con Decreto Ministeriale, e quindi a forma quasi vincolata, il problema della comprensione, o meglio della impossibilità di comprendere pienamente le somme pretese dal fisco, sta portando ad importanti pronunce giurisprudenziali che stanno contribuendo ad abbattere il muro di gomma strutturato dall’Agente per la riscossione.

I principi stabiliti dallo Statuto del Contribuente, varato con la Legge 212/2000 non sono stati pienamente adempiuti, in quanto spesso si ha una eccessiva interpretazione pro-fisco per la quale i contribuenti sono tenuti a pagare somme che non comprendono integralmente.

Se a ciò si aggiunge che dal momento in cui Equitalia notifica una cartella esattoriale le somme per il contribuente subiscono una netta impennata, si comprende che almeno la chiarezza è fondamentale per mettere ognuno nelle condizioni di sapere cosa sta pagando.

Seppur assolutamente discutibile ed iniquo, bisogna dire che l’8% preteso da Equitalia come aggio di riscossione (era il 9% fino allo scorso anno) è facilmente comprensibile in cartella, dove viene esposto che se il contribuente paga entro il sessantesimo giorno deve pagare il 4,65%, mentre dopo tale data scatta l’8%, la stessa cosa non può dirsi per gli interessi di mora.

Dal prossimo 1° maggio 2014 gli interessi di mora sono più leggeri per le somme versate in ritardo a seguito della notifica di una cartella di pagamento.

La riduzione è diretta conseguenza del provvedimento del 10 aprile 2014 del Direttore dell'Agenzia delle Entrate (prot. n. 51685/2014), con il quale è stata fissata la nuova misura degli interessi moratori.

Dal 1° maggio 2014, pertanto, l'interesse di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo è sceso dello 0,0833 per cento, passando dal  5,2233 per cento al 5,14 per cento.

Il provvedimento è stato emanato in attuazione di quanto disposto dall’articolo 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che prevede che, “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, sulle somme iscritte a ruolo, escluse le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”.

Premesso che il tasso è calcolato su base giornaliera, e che nella stessa cartella di pagamento possono esserci più richieste di pagamento relative a periodi diversi e con decorrenze diverse, ne discende che per il contribuente è assolutamente difficile, se non quasi impossibile, capire le causali ed il calcolo degli interessi in maniera specifica.

In soccorso ai contribuenti sta venendo la giurisprudenza, con varie sentenze che hanno stabilito il principio che “È illegittima la cartella esattoriale di Equitalia se il calcolo degli interessi non è chiaro”.

A tali conclusioni è giunta una recente pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Como (sentenza n. 409/03/14, depositata il 4/09/2014), dove si chiarisce che “… nonostante la ingente esposizione di interessi e sanzioni pecuniarie afferente al debito tributario, alcun dettaglio viene fornito circa il calcolo di detti accessori (durata del ritardo e tasso di interessi), il che impedisce al contribuente di verificare la correttezza del relativo calcolo, e quindi, comporta la nullità della cartella”.

I Giudici di Como, dunque, recepiscono in pieno i dettami della Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale è illegittimo l’atto tributario laddove non consente al contribuente di poter operare qualsivoglia controllo in merito all’operato della Amministrazione Finanziaria (sent. Corte Cassazione n. 8651/2009).

Emerge, quindi, un principio fondamentale secondo cui non esiste una presunzione di legittimità delle somme pretese dal Fisco, ciò significa che il contribuente non deve prendere per verità assoluta quanto gli viene richiesto dall’Amministrazione finanziaria ma anzi deve essere messo nelle condizioni di verificare ogni singolo centesimo richiesto.

Alla luce delle predette pronunce, ci si augura che il concessionario della riscossione possa rendere più chiari gli atti che invia al contribuente, nel pieno rispetto dei principi espressi dallo Statuto dei Diritti del Contribuente (si veda articolo 7 della legge n.212/2000).

Avv. Iconio Massara - Specialista in Diritto Tributario

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