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Nullo l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate notificato prima dei 60 giorni dal PVC

Termine di sessanta giorni tra p.v.c. e accertamento: come si computa secondo la Cassazione.

 

(Pubblicato sul n. 23 del 06.06.2015)

Lo Statuto del Contribuente, varato nel 2000 per garantire e salvaguardare la posizione del contribuente nei rapporti con il fisco in fase di accertamento, e nelle fasi di contraddittorio, è stato molto spesso vilipeso e tenuamente applicato.

Perciò la battaglia tra fisco e contribuente ha sempre visto una applicazione rigida degli obblighi a carico del contribuente, ed una attenuazione delle garanzie legislative nei confronti dei contribuenti.

Da qualche tempo, però, si registra una inversione di tendenza, rispetto alla quale anche la Cassazione sta recitando un ruolo essenziale.

Tra le tante norme a garanzia del contribuente è di particolare  rilievo quella prevista dall’art. 12, comma 7, che recita testualmente: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Da tale regola (oltre che da principi comunitari di garanzia) è promanato, com’è noto, il recente orientamento giurisprudenziale che vede la sussistenza di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale prima dell’emanazione di ogni atto impositivo.

Pertanto, atteso il diritto del contribuente a far valere le proprie ragioni difensive prima del decorso dei sessanta giorni dall’emissione del PVC, qualora l’accertamento venisse notificato prima di tale data, sarebbe certamente nullo.

Ovviamente la nullità va eccepita dal contribuente nel proprio ricorso avverso l’atto di accertamento.

Ciò premesso, la Cassazione, con la recente Sentenza n. 11088 del 2015 si occupa di un particolare aspetto.

E’ oramai principio consolidato che la notifica di un atto ha effetto, per chi la effettua dalla data di consegna all’Ufficiale giudiziario o all’Ufficio Postale, mentre per chi la riceve dalla data della ricezione, alla luce del principio della c.d. “scissione degli effetti della notifica” sancita dalla Corte Costituzionale.

Alla luce di ciò, in relazione all’art. 12 comma 7 dello statuto suddetto, è sorto il dubbio se il i termini di sessanta giorni di legge si intendono fino al giorno in cui viene emesso l’avviso di accertamento o fino invece al giorno, ovviamente successivo, in cui esso arriva a destinazione.

La Corte, rifacendosi ad un precedente pro-contribuente, ritiene di condividere l’assunto, implicito della sentenza n. 25118/14, che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza n. 15648/14, l’espressione “l’avviso di accertamento non può essere emanato”, che si legge in apertura dell’ultimo periodo del settimo comma dell’articolo 12 L. 212/00, non può essere intesa come equivalente a “non può essere notificato o, comunque altrimenti portato a conoscenza legale del contribuente”.

Ciò per due ordini di considerazioni.

In primo luogo perché sul piano dei principi generali, la stessa Corte ha costantemente ribadito (da ultimo sentt. nn. 654/14 e 5057/15), che la notificazione è una mera condizione di efficacia, e non un elemento costitutivo, dell’ atto amministrativo di imposizione tributaria.

In secondo luogo perché ancorare il rispetto della prescrizione di cui all’articolo 12, comma 7, I. 212/00 al momento in cui l’atto viene sottoscritto, invece che a quello, successivo, in cui esso giunge a conoscenza del contribuente (tramite notifica o in altro modo) appare più rispettoso della ratio della disposizione in esame; quest’ultima, come si legge nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 18184/13, “introduce nell’ordinamento una particolare e concreta forma di “collaborazione” tra amministrazione e contribuente, attraverso la previsione di un termine dilatorio di sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica, prima della cui scadenza, e salvo le eccezioni di cui si dirà, l’atto impositivo – come la norma prescrive con espressione “forte” – “non può essere emanato”: tale intervallo temporale è destinato a favorire l’interlocuzione tra le parti anteriormente alla (eventuale) emissione del provvedimento, e cioè il contraddittorio procedimentale”.

Se dunque la norma in esame tende a garantire il contraddittorio procedimentale – ossia a consentire al contribuente di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà dell’Amministrazione si forma, quando l’atto impositivo è ancora in fieri – il criterio teleologico induce ad una interpretazione alla cui stregua l‘Ufficio debba attendere il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell’atto, ossia prima che lo stesso venga redatto in forma definitiva e, quindi, datato e sottoscritto dal funzionario che ha il potere di adottarlo; vale a dire, come appunto la legge recita, venga “emanato”.

Perciò, al fine di valutare la legittimità dell’accertamento ed il rispetto del termine di sessanta giorni a garanzia del contribuente, vale esclusivamente il momento di redazione dell’atto, e non quello della notifica, con la conseguenza che se l’accertamento è stato redatto prima del decorso dei sessanta giorni dalla notifica del PVC, è nullo anche qualora arrivi al destinatario dopo tale data.

Ulteriore garanzia a favore dei contribuenti.

Avv. Iconio Massara - Specialista in Diritto Tributario

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